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10 libri da leggere (se vi pare)

Premessa ingenua: a rigore possiamo rubricare un libro sotto la voce “da leggere” solamente dopo una lettura non dozzinale. L’incidenza di un testo scritto sulla vita e  sulle abitudini dei suoi lettori è una variabile che si esaurisce pressoché totalmente nell’orizzonte individuale, le rare e incidentali ricadute pubbliche parendo trascurabili. In altre parole nessuno può iniziare a leggere un libro con la tranquillizzante certezza di “doverlo fare”. Anzi il vulgato spirito critico si forma e si affina anche, se non soprattutto, attraverso il confronto: il capolavoro si definisce per opposizione alle porcherie che in un mondo edenico e asettico non troverebbero posto.
Premessa scafata: sappiamo che un libro è “da leggere” perché così ci dicono persone fededegne, che spesso non l’hanno letto ma poggiano le proprie convinzioni sul giudizio di terzi e riconosciuti opinion leaders (il temibile passaparola veicolo di tante fregature e successi editoriali). Ma la lista “libri da leggere” è, se allarghiamo lo sguardo e il respiro, canonizzata da generazioni di lettori, lista continuamente in fermento giù in basso, nelle zone di confine con la dimenticanza e il mutare dei gusti, sempre che di lista si debba parlare e non di liste, numerose e diverse quanto le civiltà umane.
Dopo le premesse l’obbiettivo non oppugnabile è quello di stilare una top ten al tempo stesso personale e interna al brodo di coltura comune a milioni di persone, la letteratura italiana dalle origini a oggi.
1) Dante Alighieri, La Divina Commedia. Mandata a memoria da arcigni professori, premi Oscar e anziani contadini toscani, diretta e interpretata magistralmente dal Sommo Poeta e Padre della lingua, commedia in tre tempi senza intervallo, truculenta in avvio ma con lieto fine assicurato. Rimane un ever green.
2) Francesco Petrarca,
Rerum vulgarium fragmenta (Canzoniere). Breviario laico che dovrebbe essere venduto dietro prescrizione medica e assunto secondo la corretta posologia: 366 componimenti, uno al dì, da Voi, ch’ascoltate in rime sparse il suono a Vergine bella, che di sol vestita. Sperando sia un anno bisestile.
3) Giovanni Boccaccio,
Decameron. Non ci sono due Corone senza la terza, anche questa con le spine: alla lettura integrale ostano, come da manuale, la mole dell’opera e la notoria preferenza degli studenti per le novelle pruriginose e gli amori clandestini. A riguardo si segnala Il Decamerone di Pier Paolo Pasolini (1971), riduzione cinematografica del capolavoro del Certaldese.
4) Francesco Colonna, Hypnerotomachia Poliphili. Superato lo spavento incusso dal titolo, che neppure tradotto perde la boria (La pugna d’amore in sonno dell’amante di Polia), vi ci vorranno tutte le energie e un buon apparato esegetico per arrivare in fondo alla prima pagina di questa fusion latino-volgare: una sfida. Uscito, splendidamente illustrato, dalla tipografia veneziana di Aldo Manuzio nel 1499, è la bestia nera delle matricole di Lettere.
5) Giuseppe Parini,
Il Giorno. Consigliato a chi pensa di meritarsi una patente di originalità perché si sveglia a mezzogiorno dopo una notte di stravizi, sosta due ore in bagno, veste alla moda, mangia, beve e corre dietro alle ragazze, spregia i lavoratori e ammazza il tempo in sala giochi aspettando l’aperitivo. La partizione della materia (Il Mattino, Il Mezzogiorno, Il Vespro e La Notte) consente una lettura differita nei vari momenti della giornata.
6) Alessandro Manzoni,
I promessi sposi. Lui, lei, l’altro, un matrimonio che non s’ha da fare, preti pavidi, perpetue ciarliere, madri e suocere, scemi del villaggio, Innominati dal cuore tenero, signorotti annoiati, osti maliziosi, frati e cardinali, fughe, pestilenze, rivolte, invasioni e molto altro per un libro che vi avvincerà a sé con una potenza affabulatoria ancora freschissima. Camuffato da rotocalco scandalistico vi terrà compagnia anche sotto l’ombrellone.
7) Luigi Pirandello, Uno , nessuno, centomila. Il protagonista, Vitangelo Moscarda detto Gengè, reagisce in modo poco equilibrato a un’osservazione en passant della moglie («Ma sì, caro. Guàrdatelo bene [il naso]: pende verso destra»), perdendo e acquistando identità, moltiplicandosi e dividendosi fino alla scomparsa nel gran mare dell’essere. Affascinante viaggio nella mente di un uomo che non accetta pacificamente i propri difetti fisici.
8) Dino Buzzati, Il deserto dei Tartari. Lette 100 e passa pagine prive di avvenimenti notevoli, chi cerca nei libri azione e divertimento (e non fredde qualità letterarie) getterà tutto alle ortiche ripiegando su una sana sparatoria tv. Male, perché il finale illumina retrospettivamente l’opera, investendola di un senso altrimenti sfuggente. Monumento alla capacità di non demordere.
9) Umberto Eco. La volontaria omissione del titolo vuole essere un tributo alla domanda «Avete letto l’ultimo di Eco?» che nelle serate tra persone colte segue invariabilmente alla visione delle diapositive (scavi micenei, rovine ateche, ecc.). Quale sia poi “l’ultimo di Eco” nessuno lo sa. Converrebbe leggersi la tesi di laurea dello scrittore alessandrino, Il problema estetico di San Tommaso (1956), per poter finalmente chiedere: «Avete letto il primo di Eco?». 
10)  Melissa P.,
Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire. Sociologicamente indispensabile per conoscere il livello di morbosità e voyeurismo della nostra bella Italia negli anni Duemila. Appassionante la discussione da treno su chi abbia scritto il romanzo, se Melissa P. o un ghost writer (forse Pamela M.).

Paolo Pedretti

 

A cura di LEGE - Laboratorio di Editoria Giovani Editori - Facoltà di Lettere e Filosofia
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