Nel
primo numero di quest’anno della rivista “Vita e Pensiero”
è apparso un interessante articolo del Professor Claudio Scarpati,
docente di Letteratura Italiana presso l’Università Cattolica
di Milano, dal titolo Nella
scuola deve finire l’eclisse dei classici.
Abbiamo incontrato il docente per approfondire l’argomento.
Professore,
nel suo saggio Lei parla del rapporto della scuola con i testi
classici, cosa può dirci in proposito?
Storicamente
si possono evidenziare tre fasi che nel secolo scorso hanno
coinvolto il mondo della scuola. Negli anni Sessanta si
verificarono rimostranze da parte dell’opinione pubblica perché
l’insegnamento della Letteratura Italiana si fermava a
D’Annunzio. Infatti i programmi scolastici non contemplavano il
Novecento. Perciò ci fu un’apertura alla poesia contemporanea
che tuttavia risultò troppo complessa per l’insegnamento. Di
qui la svolta in direzione della prosa, come accadde, ad esempio,
con il Calvino della Trilogia dei nostri Antenati che riscosse
successo tra gli studenti per le sue componenti di fantasia e
avventura. Nonostante ciò si assistette ad un impoverimento
dovuto alla tendenza a ridurre il testo unicamente alla sua trama.
Nell’ultima fase i classici furono sostituiti dalla lettura dei
quotidiani in classe per annullare il distacco che da sempre il
mondo scolastico aveva mantenuto nei confronti della società. In
questo modo la scuola abdicò ad essere diversa da ciò che ci
avvolge, divenendo luogo della diatriba politicante.
Questo è il momento giusto per porci nuovi interrogativi sulla
scuola.
Lei
crede che i nuovi insegnanti siano consapevoli di questa necessità?
Credo
che i nuovi laureati siano perfettamente consapevoli del valore
dei classici, che Petrarca “funziona” di più rispetto ad un
poeta sconosciuto dell’Ottocento. Bisogna ad ogni modo ammettere
che il problema è più generale e investe il peso della scuola
nella società. C’è un pregiudizio di fondo in base al quale
tutto ciò che viene svolto in classe è considerato noioso. Per
questa ragione la scuola deve dotarsi di nuovi strumenti utili
alla didattica, quali, ad esempio, dischi con i testi recitati da
attori professionisti accompagnati da diapositive di opere
d’arte in modo tale da favorire l’articolazione didattica. È
fondamentale destinare risorse maggiori in questa direzione perché
questo tipo di approccio può incrementare l’interesse per la
letteratura delle nuove generazioni, abituate alla tecnologia.
In
questo contesto come valuta il grande successo riscosso dalle
letture pubbliche dei grandi classici della nostra letteratura da
Sant’Agostino a Manzoni? Crede che questi eventi siano diventati
ormai una moda o rispondano ad un’esigenza più profonda?
Si
tratta di un fenomeno interessante nell’era della comunicazione.
La lettura recitata e ascoltata è una forma di acquisizione più
approfondita del testo, ne favorisce la comprensione creando con
esso un rapporto più stretto. Inoltre la viva partecipazione da
parte del pubblico rispecchia l’esigenza di un ritorno alle
proprie radici culturali.
L’Italia nel processo dell’unificazione europea -che tende a
mescolare le diverse tradizioni in maniera indistinta- vive un
problema di identità nazionale. Abbiamo il dovere di mettere a
fuoco il ruolo dell’Italia nella storia comune del continente.
È un’iniquità non sapere cosa l’Italia ha dato all’Europa.
Pensiamo a Dante o ai grandi geni dell’arte. È assurdo che le
nazioni straniere studino la nostra storia e che noi ad essa
voltiamo le spalle. Soprattutto i giovani devono acquisire
consapevolezza rispetto ai contributi culturali del nostro Paese.
In questo credo che il rafforzamento dell’unità europea favorirà
il ritorno dei classici nelle nostre scuole. Infatti la ricerca
artistica e letteraria è sollecitata dagli stranieri che ci
mostrano come le nostre opere siano state per loro importanti. Si
pensi al contributo di Eliot relativo a Dante. Non dimentichiamo
inoltre che proprio i classici portano ad un dialogo più ricco e
fruttuoso con gli altri.
Per
quanto riguarda il panorama editoriale, come valuta la situazione
dei classici?
In
Italia abbiamo almeno cinque collane di classici di ottima qualità
e in edizione economica, corredate da pregevoli introduzioni e
note al testo. È da sottolineare inoltre la tempestività delle
traduzioni per quanto riguarda la letteratura e la filosofia.
Eccellente è la qualità dei libri d’arte. Possiamo dire che il
nostro Paese è reattivo e ricettivo: l’Italia in questo campo
è assolutamente all’avanguardia.
A
cura di
Valentina Bolis e Silvia De Bernardin
|